Poveri Mangiari, Riso e melone
Nonostante la siccità abbiamo abbondanza di #meloni e vediamo di ficcarli in tutte le salse, ovvio che essendo di #Parma lo accostiamo anche al #prosciutto e ì modi sono diversi, se mi riesce qualcuno vedrò di riportarlo. Ma per non rovinare i meloni che quest’anno sono veramente eccezionali fate in modo di scegliere il giusto prosciutto che potrò consigliarvi in altra sede.
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Poveri mangiari bavette alla menta
Avete poco tempo ma non volete rinunciare ad un buon piatto di pasta.
Che aspettate, ponete al fuoco la pentola e correte nell’orto a fare incetta di menta.
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Poveri mangiari Spaghetti del carrettiere.
Me li ricordo bene i carrettieri di Panocchia, con i loro amico cavallo e la bara dalle ruote giganti, andavano col freddo e col caldo a caricare di sabbia e di ghiaia e a volte di legna. Qualunque fosse il luogo di scarico e carico, l’incrocio sulla pedemontana, dove c’era la famosa osteria “la buca” era una tappa obbligata. La c’era sempre pronto due fette di spalla cotta o qualche buon salume ed un bicchiere di quel rosso scuro, ma talmente scuro che col tempo colorava i bicchieri e lasciva la firma sul tavolo, dove il bianco gesso aveva segnato i punti della briscola della sera prima.
Ricordo che spesso all’ultimo viaggio poteva essere che era il cavallo a portare a casa il carrettiere, uomini che in tasca avevano pochi spiccioli e li spendevano più volentieri nelle calorie del vino che della pasta. Già ne avevano pochi di suo, poi ci pensavano le rubizze mogliere; li conoscevano bene, e per mantenere la famiglia sapevano bene di ragione e di ragioneria.
Così che spesso la penuria di pecunia, portava con se anche la povertà dei condimenti vedendo spesso il formaggio sostituito col pane ed ad ultimare il condimento i prodotti meno costosi e di più facile reperimento del tempo.
Ed eccoci ad un altro “poveri mangiari” che arricchisci la raccolta dell’agriturismo Ciato di Parma.
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Poveri mangiari: i vertis e le uova. #Mortai e #cannoni
Se qualche giorno fa vi abbiamo proposto l’asparago selvatico “vertis” nel parlare del mio contado. Villa, come si usava dire un tempo e come si riscontra consultando le vecchie carte, Villa di Panocchia, appunto, a un tiro di mortaio da Parma, anche oggi andremo a dilettarci in cucina con lo stesso ingrediente.
Chiediamo comprensione anche per il linguaggio, per “mortaio cannone”, ma gli informatici ci suggeriscono che più che alla grammatica bisogna fare attenzione all’ algoritmo che paga più di quanto spendevano i villani per gustarsi il piatto che andremo a descrivere e alla cui preparazione daremo tutta l’attenzione grammaticale e non algoritmica.
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Poveri mangiari "I vertis"
Pochi lo sanno ma la varietà dei prodotti dell’agricoltura di quella che oggi è definita la #foodwalley, valle del cibo un tempo annoverava fra i tanti, coltivato verso Cervara, anche la coltivazione di piccoli appezzamenti di riso.
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La valle del cibo
Per gli amanti dell’enogastronomia e alla ricerca del buon cibo e del vino oggi anche il nostro Paese offre numerose e infinite opportunità.
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Salame #felino cotto.
Oggi vogliamo suggerire un piatto che si inserisce fra i nostri “poveri mangiari” la rassegna di ricette che proponiamo sulle pagine del sito del nostro #agriturismo Ciato.
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Poveri mangiari "Uovo croccante" o di Pasqua
L’uovo è sempre stato uno degli alimenti che ha contribuito a sfamare le comunità rurali.
Diverse sono le ricette che già abbiamo messo in rete nella nostra raccolta di “poveri mangiari” scritta sulle pagine di agriturismo Ciato.
Oggi ne voglio proporre una che si cucinava in particolare durante il periodo della Pasqua, quando nel pollaio le galline che provenivano dal riposo invernale riprendevano con abbondanza la deposizione.
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Poveri mangiari "il sole in un cirro"
Oggi la cucina era tutta mia è vista la generosità delle mie galline per ringraziare loro e omaggiare il mio palato e rendere lode al cielo mi sono cucinato il “sole in un cirro” ricetta trovata nella mia raccolta di “poveri mangiari.
Di mattino mettete in frigorifero le uova che vi occorrono a seconda dell’appetito e dei commensali, una ciotola adatta a sopportare le fruste del vostro battitore e le fruste medesime, il tutto vi sarà di aiuto a montare le chiara (albume)
All’ora di pranzo separate il tuorlo senza romperlo dall’albume che metterete nella ciottola tolta dal frigorifero.
Montate le stesse con un pizzico di sale, stendete l’albume su carta da forno dandogli una forma di cirro con un piccolo incavo al centro in cui con attenzione adagerete i tuorli.
Nel frattempo avrete portato il vostro forno a circa 160/170° pronto per tenere le uova 7/8 minuti regolate a piacere di pepe sale zenzero o quella spezia che più vi stuzzica e buon appetito.
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Poveri mangiari. Il minestrone di mamma Anselmina
Poveri mangiari, la mera sopravvivenza delle povere famiglie di quella campagna che fu che dall’orto “ed derdè ca” dovevano procurarsi qualche cosa da mettere nel piatto di tutti i giorni, quella dignità che li faceva vivere.
La varietà e la ricchezza del proprio orto donavano armonia, colore e sostanza a quelle fantastiche casseruole di terra cotta poste sulla cucina economica il cui calore non solo scaldava la stanza ma rallegrava anche la budella maiuscola.
Il minestrone della mamma Anselmina variava a seconda della stagionalità e di quanto era riuscita a conservare nella moscarola che teneva giù in cantina dove nessun raggio di sole poteva entrare e il fresco del ventre di madre terra allungava la conservazione degli alimenti.
La cucina della mamma emanava un odore unico e i travetti e le travi di legno erano impregnati di un odore che dava il senso del desco.
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Poveri mangiari Spaghetti e cipolla.
Oggi passando dall’orto o colto per la dispensa qualche cipolla borettana che ormai volge a maturazione e volendone apprezzare il gusto ho cercato del come l’avrebbe utilizzata per preparare un piatto che si possa accostare ai miei “poveri mangiari” la nonna.
Poveri di costo non certo di nutrimento, anche perché allorché si andava di poveri mangiari i mestieri richiedevano un buon apporto nutritivo più di quanto serva oggi.
Cosi che nel quaderno dalla sgualcita copertina nera mi son trovato davanti ad un piatto parzialmente povero perché prevedeva l’acquisto degli spaghetti.
Procuratevi degli spaghetti di fabbrica artigianale da un pastaio che utilizzi grano duro del territorio.
Ha proposito ve ne avevo già accennato non fatevi ingannare dalla dicitura farina Kamut, che non è un grano ma un marchio americano.
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Poveri mangiari La Marocca
E’ possibile, almeno ad alcuni succede che alcune cose arrivino in controsenso al cocente sole padano, immagini di un gelido inverno riportate alla mente dal casuale spostamento del libro “Pagine di diario” cosi che nella mente balugino le frasi del poeta Francesco Giuliani, pastore d’Abruzzo.
Di settembre allor verso la fine
lassù nel nostro Campo Imperatore, sull’alte vette, e pur sulle colline vi scende della neve il bel candore, bianche le valli ed il piano brine
Ti punge il freddo; le greggi ed il pastore non vi ponno più stare senza ripari a partir convien che si prepari.
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Poveri mangiari I ciacci
Il pane è arte e scienza e come la musica è l’organizzazione dei saperi, delle note e dei silenzi, accordati nello spartito del tempo e nello spazio.
Un’arte ricercata per conseguire determinati effetti che riescono ad esprimere l’interiorità dell’individuo e del territorio dove nasce.
Tutto avviene mediante la maestria e l’utilizzo sapiente di strumenti e ingredienti espressione di un territorio che, attraverso i principi della chimica, dell’acqua e del fuoco procurano la percezione gustativa e olfattiva, l’avventura emotiva voluta dall’artista.
Non a caso l’etimologia della parola pane sembra potersi ricondurre alla radice “pa”, alimento essenziale e fondamentale, quasi sacrale, a prescindere dalla sua forma.
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Poveri mangiari, fave e passata
Oramai la raccolta delle piaciute fave è agli sgoccioli; messe sottovuoto quelle per la congelazione, rimangono quelle che si porteranno ad essicazione, vuoi per il consumo secco in inverno, sia quelle per la riproduzione al fine di mantenere in vita questa varietà di fava grossa.
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Poveri mangiari Zuppa di fave.
Ho raccolto delle fave e siccome sono molto deperibili ho pensato di utilizzarle subito per preparare una zuppa di fave con aggiunta di un po’ di pancetta.
Tra i nostri poveri mangiari non poteva mancare in questa stagione un piatto uscito si dalla fantasia delle nostre nonne, dettato da quel “culetto” di pancetta rimasto nella moscarola e dalle fave fresche dell’orto.
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Poveri mangiari Pasta sporca.
E chi non sa che l’Emilia è terra di pasta e soprattutto di pasta ripiena?
Famosi e conosciuti i tortelli con i più svariati ripieni, così come gli anolini, tortelli, ravioli o cappelletti e cappellacci, ma pochi ricordano la “pasta sporca”, tanto di moda nei tempi che furono.
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Poveri mangiari Uova e funghi
Sembra che le nostre galline nonostante le temperature tutt’altro che primaverili abbiano deciso di deporre con costanza e abbondanza, cosi che le uova all’agriturismo Ciato non mancano e per non stancarci di cucinare uova vediamo ogni volta di cucinarli in modo diverso; ma per rimanere nel filone intrapreso dei “poveri mangiari” vediamo di cucinarli con ingredienti di basso costo o con rimanenze della nostra cambusa.
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Poveri mangiari Uova al forno.
In questi giorni della prima quindicina di aprile 2021, qui in Val Parma è tornato a fasi sentire il freddo di fine inverno e come diceva la mia nonna “chi’ga un bon soc in’tal cortil al la rispermia per mers e avril” Chi ha un bel legno nel cortile lo risparmi per marzo e aprile.
Ma in queste circostanze oltre a riavviare il camino è importante anche fornire calorie tramite il cibo, così che ieri sera sempre facendo spunto alle vecchie ricette, ma rivisitandola, vista la disponibilità dei formaggi in cambusa e l’impossibilità di avere i formaggi che faceva in casa la nonna.
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Poveri mangiari, spaghetti alle violette di campo.
Questo piatto nasce dalla volontò di non buttare le viole di campo rimaste e raccolte per preparare il Purple Gin, ottimo digestivo per le serate in attesa dell’arrivo della primavera.
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Poveri mangiari. Rape e borlotti
Così che oggi dopo la solita visita all’orto di Ciato ci siamo messi nella, purtroppo, inoperosa cucina dell’agriturismo per tenere in vita i fornelli.
Portavamo nel cesto una bella rapa fresca di orto di quelle dal colletto viola, quelle che non mancavano mai nella cucina degli amici “meneghini” Rapa viola di Milano, una carota. Un porro di dimensione media, una costa di sedano, qualche foglia di salvia, un mazzolino di prezzemolo.
Abbiamo attinto, avanti la sera, dalla cambusa pari quantità o poco più di fagioli borlotti, pancetta affumicata, due spicchi di aglio che male non fanno, visto quanto ci gira attorno, olio evo e come si conviene sale e pepe a piacere.
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Poveri mangiari, zucca violina
Oggi 6 marzo dell’anno 2021 giornata uggiosa, dopo quindici giorni di accenno primaverile; terminata la burocrazia, deprimente e per nulla creativa, terminate le preliminari azioni quotidiane ci siamo recati a conteggiare le scorte della nostra cambusa famigliare.
Notato un buon rifornimento di zucca violina della nostra pluriannuale selezione, che il mercato difficilmente riconosce, ci siamo sbizzarriti nella sperimentazione del suo utilizzo in cucina, per il diletto nostro personale, non potendo essere altrimenti, appagamento dei sensi.
Cosi che per distrazione e per soddisfare una emendata alimentazione abbiamo provato una zuppa e una frittata di ancestrale memoria.
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Passata di pomodoro
Perché prenotare la nostra passata, semplice, è l’unico modo per essere sicuri di poterla avere in cambusa.
E perché prenotarla quando costa qualche centesimo in più di quella dei supermercati?
Altrettanto semplice. Perché la nostra passata è frutto di pomodori coltivati esclusivamente in azienda, sulle terre di Panocchia, Parma, dove l’agronomo Carlo Rognoni (Vigatto, 23 marzo 1829 – Panocchia, 28 settembre 1904) le ritenne opportune e idonee per sperimentare e poi diffondere la coltivazione di un prodotto sino al tempo quasi sconosciuto, portandolo agli onori di un mercato internazionale, tanto è che nei primi anni del novecento sulla “Gazzetta di Parma” quotidiano locale si scriveva delle fabbriche di trasformazione del pomodoro “in cui si fabbricano milioni di milioni”.
Perché la bacca che produciamo è frutto di una selezione naturale che dura da circa 20 anni ed ha un genotipo molto simile a quello della tradizionale “Panocina” a cui abbiamo tolto acidità, coltivata agli inizi del secolo scorso su questa terra.
Perché siamo nel cuore non solo della food walley, ma al centro di quello che è il cuore della produzione del Nord Italia, dove la conformazione di queste terre è riconosciuta come la più idonea a tale coltivazione.
Perché la coltivazione è tradizionale, raccogliamo ancora bacca per bacca, rigorosamente a mano e facciamo selezione sul campo, come si fa per le uve destinate ai grandi vini, ed il prodotto viene trasformato immediatamente in azienda senza stoccaggi che potrebbero diminuire la qualità iniziale.
Perché è un prodotto artigianale senza aggiunta di conservanti dove intervengono solo la manualità e l’esperienza dell’uomo, il fuoco e il sale.
Perché trasformiamo solo il prodotto che matura quando, come diceva Giovannino Guareschi, “il sole padano picchia perpendicolare sulle teste”, periodo in cui la bacca trasmette tutte le sue potenzialità.
Perché comprare il cibo da chi lo produce un tempo era la regola e gli occhi dell’agricoltore riteniamo siano ancora la migliore etichetta.
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Poveri mangiari il piatto di oggi.
Così succede che se nelle ricche mense fanno bella mostra di se i più nobili condimenti, mentre al desco dei poveri mangiari ci si arrangiava con le cose che si potevano conservare nella gabbietta del ripostiglio e di quello che anche i meno nobili si potevano permettere in quanto frutto più della loro sapienza e lavoro che delle loro possibilità.
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Poveri mangiari, che possono diventare quasi reali
Oggi vediamo di preparare un contorno utilizzando ingredienti di così definito basso valore.
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Poveri mangiari -Farinata giallo con cavolo nero.
Non uso seminare cavolo nero, ma può capitare che fra i semi del cavolfiore o del cavolo cappuccio ci sia qualche seme di cavolo nero, ed allora perché buttarlo, magari serve per una ricetta per “poveri mangiari”; il crinale non sempre divide, anzi, se parliamo di cucina spesso contamina ed in terra di Luni il cavolo nero è utilizzato alla grande.
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