- Venerd� 15 Dicembre 2006
Un pomodoro sbarcato a Panocchia
Parlare di pomodoro a Panocchia è come parlare di basilico in Lunigiana, dicono di saperne una più del diavolo, e sembra, visti i recenti cerchi nel grano di ignota origine, che persino gli extra terrestri ne siano interessati.
Arrivato dalle Americhe nel cinquecento per ornare gli orti e giardini per circa due secoli, incominciò ad apparire quale condimento nei primi ricettari del XIX secolo.
A Panocchia il pomodoro si chiama ancora Tomachi dal suo nome originario aztecho Tomatl.
Fu proprio l‚Äôagronomo C. Rognoni che a Panocchia n?© iniziò negli anni sessanta di due secoli fa, la coltivazione in pieno campo, coltivazione preziosa per la rotazione agraria, e di buon reddito a tutt‚Äôoggi, grazie all‚Äôintuito di Brandino Vignali e Ludovico Pagani, anche loro di Panocchia, che ne iniziarono la trasformazione in conserva dura in pani.
La cosa ebbe talmente successo che ben presto le fabbriche attorno al podere crebbero a tal misura che sulla Gazzetta di Parma del 25 giugno 1924 l‚Äôing. Guerci scriveva ‚Ķ.. da quel centro di Panocchia, dove i contadini eran diventati maestri nel coltivare la pianta cos?¨ reddittizzia‚Ķ‚Ķ.iniziavano le prime fabbriche moderne, oggi vi fumano i camini a poca distanza l‚Äôuno dall‚Äôaltro, e son milioni di lire che vi s?¨ fabbricano‚Ķ. .
A dar ulteriore impulso all‚Äôiniziativa di Panocchia fu un siciliano, che ben conosceva il pomodoro, certo Franceso Emanuele, laureato in ingegneria chimica industriale al politecnico di Torino, vincitore del concorso a direttore negli anni 1920 alla Stazione Sperimentale delle Conserve, nata nel 1922 dalla volontà del Bizzozzero, tecnico agrario, e dell‚Äôonorevole Giuseppe Micheli, uomo politico parmigiano, che tanto diede per la pedemontana e il crinale che ci unisce alla terra della luna, di cui alcuni scritti sono ancora oggi custoditi gelosamente in Vairo alta, dalla famiglia Sala-Basetti.
Tale fu l‚Äôopera di questi illustri personaggi, che la Regione Emilia-Roamgna alla nascita dei percorsi enogastronomici, riconoscendo a Parma le sue peculiarità, con opera del ex assessore all‚Äôagricoltura A. Ganapini, previde il finanziamento nella food-wally di ben tre musei del cibo, Parmigiano-Reggiano, Prosciutto, e Pomodoro.
Sui tre, due già realizzati, Parmigiano e Prosciutto, il terzo ad oggi è tutt‚Äôora in fase di studio.
Previsto inizialmente presso la corte Rognoni, con dipendenza nell‚Äôazienda agricola attigua, Ciato, con annessa catena di piccola produzione dimostrativa. L‚Äôiniziativa, non approdò a buon fine e il museo avrà altra sede.
Gravissimo errore, disconoscendo a Panocchia, per altro ricca di altre testimonianze storiche e culturali, quel ruolo che la storia gli ha predestinato, negandogli la primogenitura di un industria che per anni è stata ed è ancora in parte alla base dell‚Äôintera economia della provincia di Parma.
Purtroppo anche l‚Äôultimo ‚Äúbaluardo‚Äù che poteva ricordare le origini di un prodotto internazionalmente apprezzato, come la conserva di pomodoro, ha chiuso i battenti; la più vecchia e storica fabbrica di pomodoro ‚ÄúF.lli Pagani fu Ludovico‚Äù non è più.
Ma la caparbietà, la tenacia degli uomini della pedemontana a volte si manifesta e va oltre gli interessi personali.
Se Panocchia non avrà il suo giusto museo, c‚Äôè chi con abnegazioni e sacrificio vuole ricordare la storia e le fortune delle passate generazioni; e se fino a ieri, all‚Äôombra di un noce secolare si dava fuoco a vecchi fogon per sentire durante l‚Äôinverno la fragranza dei pomodori maturi, con i profumi delle aromatiche dell‚Äôorto, oggi rimane ancora grazie ai titolari di Ciato, ma soprattutto alla graziosa Laura, chi confeziona, per chi sa apprezzare e degustare, squisitissimi sughi e passate ricavate dai pomodori che ancora portano il toponimo di Panocchia nel loro nome. Pomodoro ladino di Panocchia