- Mercoled� 15 Novembre 2006
Intervento del ns. titolare al convegno di Palanzano
Sviluppo e opportunita per la montagna Il tema che il Sindaco di queste meravigliose terre mi ha assegnato, nel suo titolo
parla di prodotto di qualità, marchio territoriale, ma io vorrei spingermi oltre, alla
vendita di questo prodotto, vendita che significa chiusura del cerchio anche
economico del percorso produttivo.
E ne approfitto, vedendo qui illustri esponenti che sicuramente con la loro presenza
manifestano interesse al convegno che questa amministrazione con grande sensibilità
ha messo in atto.
Solitamente al prodotto viene assegnata una qualità
Qualità è un aggettivo di condizione delle cose rispetto a natura, indole, forma,
apparenza, sapore, valore, attribuito ad una materia, per cui può essere
giudicata buona, cattiva, mediocre superiore, ecc.
Ma nel linguaggio più corrente qualità è sinonimo di garanzia di bontà o di processo.
E noi su questo territorio abbiamo delle bontà e sicuramente delle garanzie di
processo.
Il parmigiano n?© è un esempio, ma anche tanti altri prodotti di nicchia meno
conosciuti, ma riconosciuti,….. posso pensare ai piatti della ristorazione locale, ai
prodotti del bosco, agli animali autoctoni.
Ma analizziamo pure il più conosciuto dei prodotti, parliamo cioè del parmigiano-
reggiano che si fregia anche del marchio DOP.
E qui vi pregherei veramente di seguirmi con un attimo di attenzione, per evitare
fraintendimenti, come successo un po’ di tempo fa quando in televisione invitavo il
turista a venire sul nostro territorio per conoscere i nostri prodotti che si coronano e si
fregiano di un marchio, ma pur essendo promossi con il massimo dei voti, a seconda
dell‚Äôopificio in cui vengono prodotti, ognuno di loro estrinseca alcune particolarità
che lo differenziano.
Quindi tutti laureati ma con alcune diversità.
Cosa importante e fondamentale specialmente in questo frangente, dove la
globalizzazione sta cercando di rendere tutto uguale ed omogeneo.
Non è mio compito ne potrei averne le competenze, essendo poi anche molto
soggettivo definire un grana DOP migliore dell‚Äôaltro, ma non vi è dubbio che il grana
di montagna ha caratteristiche diverse da un grana della bassa pianura, per le
condizioni, appunto, per la natura, per l’ambiente in cui ha origine, se poi vi si
aggiunge anche la razza delle bovine, i sapori, gli aromi cambiano sicuramente.
Ma vi è un altro valore aggiunto a mio avviso poco sfruttato, siamo all‚Äôinterno di un
parco.
Quanto succitato è oltremodo importante se consideriamo che oggi chi sceglie
prodotti alimentari tipici non lo fa per sfamarsi, ma per offrirsi un piacere esclusivo
ed unico.
E nel mercato globale l‚Äôunicità è caratteristica di straordinaria importanza, che si
ottiene essenzialmente con due fattori: o l’innovazione continua o il riferimento alle
tradizioni.
L‚Äôinnovazione è clonabile. La tradizione no, pena il falso.
Dimostrato che abbiamo l’attrattore per innescare un nuovo processo a livello
territoriale, dobbiamo farlo diventare appetibile al mercato, abbiamo la necessità di
renderlo visibile e soprattutto trasmettere la cultura che sta dietro al prodotto perch?©
sia fruibile nel migliore dei modi e lasci traccia indelebile nella memoria.
Per fare questo è indispensabile individuare quel flusso turistico conoscitivo che
spesso vagabonda senza una precisa meta.
Due sono gli esempi che vorrei portare.
A questo proposito, mi è caro ricordare i Bronzi di Riace che crearono file di attesa
finch?© erano collocati a Firenze e i media ne parlavano, mentre oggi nella loro sede
del museo di Reggio Calabria giacciono quasi dimenticati.
Se non creano flusso turistico le due statue più belle del mondo può crearlo un
circuito enogastronomico fuori dai circuiti dei grandi flussi turistici?
Acclarato che nessuno viaggia per 300 km. per andare in un fast food, poich?© nella
maggior parte sono tutti eguali, e che tanto vale andare al più vicino, sono le cose
uniche, inimitabili e percepite come non surrogabili che valgono il viaggio.
Il Colosseo è unico, altrettanto Venezia, ma anche alcuni nostri prodotti sono unici e
non imitabili perch?© parte del nostro patrimonio territoriale.
Basta un attrattiva per avere successo?
In altre parole, la cascata più grande del mondo in mezzo alla foresta equatoriale e
destinazione turistica?
No! Per avere successo occorre una rete di vendita, un organizzazione di incoming e
una rete di offerta che consentano al visitatore di arrivare, dormire, mangiare, vedere,
comprare…
Noi, dico noi come strada del prosciutto e dei vini dei colli di Parma, che dati Censis
ci posizionano se non prima fra le prime delle 126 esistenti in Italia, ad alcune cose
abbiamo ottemperato, mi riferisco alla segnaletica in fase di aggiornamento in questi
giorni, alla predisposizione della carta dei prodotti in distribuzione, alla guidina
distribuita in occasione di cibus, alla nuova cartoguida che oltre ad evidenziare tutte
le aziende aderenti riserva grande risalto alle emergenze turistiche, al catalogo in
stampa in questi giorni, con pacchetti preconfezionati o da confezionarsi in modo
autonomo, ma tutto ciò non basta, dobbiamo migliorare l‚Äôaccoglienza, punti
di informazione sui prodotti, per terminare con punti di degustazione e di acquisto più
accessibili..
Altro elemento fondamentale del successo è instillare nella gente il desiderio e creare
l’attesa della conoscenza diretta.
A tale proposito è necessaria una buona comunicazione.
Anche se sul nostro percorso esistesse un sentiero decantato dal Dante e ritratto da
Raffaello non sarebbe sufficiente.
Perch?©, bruciasse anche il Groppo di Vairo, non fa notizia, ma un ramo che cade
sull’auto presidenziale, se poi la macchina appartiene a Putin, va su tutti i giornali del
mondo.
Come affermare che un banale evento copre in pochi secondi l’informazione
mondiale, mentre grandi eventi non di interesse mediatici rimangono a livello locale.
La differenza non è data dal fatto quanto tale, ma nella quantità di comunicazione
dedicata.
Altro interrogativo che dobbiamo porci; chi è l‚Äôenogastronauta o turista del gusto?
Se l‚Äôidea è di catturare il turismo dell‚Äôarte diretto agli eventi della città oppure portare
sul territorio chi trascorre le vacanze sulle riviere a noi vicine, dovremo sviluppare
attività collaterali come la ristorazione di qualità e la vendita di prodotti del territorio.
Non possiamo in ogni caso escludere l’arrivo di persone che hanno come principale
motivazione l’approvvigionamento di prodotti a basso prezzo con consumo
quotidiano.
IL vero autoenogastronauta non ha lo zaino sulle spalle, ma il turista per caso
probabilmente si.
L’attuale congiuntura economica sta accentuando questa tendenza e il risparmio sta
incentivando gli acquisti nei giacimenti di produzione, specialmente sul target con
minore cultura enogastronomia.
Sicuramente su questo versante con l’istituto delle strade abbiamo fatto tanto, ma
molto rimane da fare, i nostri amici vengono, mangiano, bevono, quando va bene
fanno piccoli acquisti e se ne vanno.
Stiamo disperdendo un potenziale economico enorme sul quale comunque nel recente
passato abbiamo investito tantissimo.
Se riuscissimo ad aumentare almeno di un punto percentuale la permanenza avremmo
un impennata di fatturato.
Non essendo in possesso dei dati di flusso aggiornati, comunque sempre in difetto
rispetto al reale, come bene sanno gli addetti ai lavori, e stimando una spesa media
pro capite fra acquisti pranzo e soggiorno pari ad una media ragionevole di 130 €.
Media nazionale per il nostro segmento, ci accorgiamo essere passato davanti a noi
un treno carico di diversi miliardi delle vecchie lire.
Il treno del turista si ferma solo se sappiamo approntare una stazione piena di
opportunità, i suoi occupanti sono viaggiatori nel termine letterario più stretto.
I 130 ‚Ǩ. A persona e spesso più valgono bene qualche emozione
E le emozioni vanno progettate, costruite e vendute rispettando la storia, le tradizioni,
la cultura e la tipicità del territorio.
Solo se sappiamo proporre esperienze ed emozioni uniche saremo in grado di fermare
il treno sulla nostra stazione, perch?© i suoi viaggiatori vogliono scoprire le nostre
prelibatezze, le nostre terre, accompagnati da chi sa trasmettere i propri sentimenti,
dati dal legame che solo chi ha vissuto e conosce a fondo il proprio lavoro e territorio
è in grado di dare, sapendo in anticipo tutto sull‚Äôitinerario che stanno per esplorare,
per vivere appieno sensazioni autentiche del territorio ed incontrare citazioni culturali
fruibili ed emozionanti.
Acclarato che un territorio non si crea un anima turistica dall’oggi al domani,
considerato che l‚Äôaccoglienza, l‚Äôospitalità è un arte difficile da interpretare, è un
percorso da costruire assieme agli amministratori pubblici che devo comprendere che
le “feste di paese” “e feste autoreferenziali”sono una cosa , l’assistenza al turista
tutt’altra.
La virata culturale è enorme, ma se davvero vogliamo la nostra stazione, è inevitabile
riconoscere agli operatori privati il loro ruolo, perch?© non vi è certamente sviluppo
del territorio se non viene coinvolta l’azienda, l’osteria o la resdora; che sono e
rimangono i veri attori, i protagonisti che dall’appartenenza ad un circuito non
devono percepire che è solo ottenere un immagine sfuocata e periva di contenuti, ma
un contenitore dal quale potere attingere vantaggi autentici per la propria immagine
commerciale ed economica, con inevitabile ricaduta su tutto il territorio; ecco allora
remunerato anche il coinvolgimento della massaia che da antagonista diverrà
protagonista di accoglienza.
Termino ringraziando il Sindaco, gli autorevoli ospiti e gli amici che condividono e
credono nel rilancio di questi territori, che anch’io amo, questi volenterosi che hanno
a differenza di altri il coraggio e la volontà di suonare le proprie campane a concerto.