Domenica 11 Febbraio 2018
Ironico, sfrontato, provocatorio, dolce, melodioso; è la parlata parmigiana, quella parlata che un po’ anche per pregiudizio in pochi san parlare correttamente e quasi nessuno sa scrivere con quelle sue vocali a volte manomesse.
Stiamo perdendo una completa parlata piena di sfumature, allusioni, imparata da gente che non sapeva né di sintassi né di grammatica, per un italianuccio giornalistico dei mediocri. Una lingua che rispecchia quei pochi o nessuno che nelle vene, ancora gli scorre l’acqua d’la Pärma voladora, una parlata che certifica il parmigiano: saporito e irrispettoso, verso chi si atteggia potente, cordiale col semplice.
E’ stato negli anni sessanta del passato secolo che piano piano abbiamo incastonato la nostra parlata sotto il cassetto dell’armadio insieme alle gioie, con una sentenza del tutto fuori senso, dell’elevarsi ad un dialogo più internazionale, senza accorgerci di quanto stavamo rimpicciolendosi, ignari dell’avanzata e continua globalizzazione. Oggi se ti fermi all’ombra di San Pietro, dove al mercoledì i paisani della parte al di sopra dell’Emilia, o dall’opposta parte di fianco a Garibaldi, dove trovavi i contadini della bassa, che trattavan di vacche e fieno nel loro vernacolo, e di cereali e ortaggi al sabato, oggi, ti sembra di esser sotto la torre di Babele. E vagando per i vecchi borghi, che manco più i nomi di nascita portano, ti accorgi che al post dal garbus o pòmm da téra (Cavolo o patate) ti ci trovi l’avocado e la papaia, al post dal bertagnin o dal caval pist (merluzzo o macinato di cavallo) ti trovi il kebab o il Cous Cous, (robi can so ne magner ne scriver (cose che non so né mangiare né scrivere). Cosi come si è fugata la mitica indimenticabile e signorile pasticceria Bizzi, che faceva angolo fra via Cavour e Via Vittorio Emanuele, oggi Repubblica, ritrovo dei nobili proprietari terrieri I padron da le beli breghi bianchi. Così si è ecclissato anche il minestrone con le croste di Parmigiano: Prendete qualche crosta di Parmigiano che sia spessa circa un centimetro, grattatela sul dorso per pulirla a dovere e fatene dei pezzi di circa due centimetri. Mondate le verdure e i legumi che avete o che più vi aggradano. Mettete ad intiepidire acqua. Iniziate con un poco di porro tagliato a fettine o di cipolla e un poco di olio, aggiungete poca acqua e fate stufare. Aggiungete ora altra acqua e le verdure e legumi, dopo dieci minuti unite le croste che daranno buona sapidità e saran gustose tira e molla sotto i denti. Per la cottura regolatevi a seconda del composto ed aggiustate di sale e pepe tenendo presente la sapidità del formaggio. Il dialetto così come certi piatti di espressione tutta parmigiana, se chi ha l’acqua voladora nelle vene, e se siam tutti d’accordo andrebbe riannunciato. Ma l’annuncio non va commesso a certi imbonitori di politiche fazioni, va compiuto da chi sa intendere che la vera libertà è nella cucina di casa e in un dialetto parlato, sigilli di appartenenza, contrassegno di origine. Nella Roma antica: Civis romanus sum. A Parma: A son ed Pärma. Non c’è differenza.