Marted� 12 Dicembre 2017
Oggi 10 dicembre 2017 ore 16.00 è incominciato a nevicare e non c’è nulla di meglio che stare al caldo del camino nella vecchia cucina a lavare la trippa che mi sono procurato ieri mattina.
La trippa è una frattaglia ricavata dai prestomaci di bovini, ovini e caprini, ma da noi si parla prettamente di bovini. Il rumine costituisce la parte più grassa, seguito dal reticolo spugnoso; la parte a lamelle magre è detta omaso, l’abomaso rappresenta la zona più vicina all’intestino. E’ una frattaglia ricchissima di proteine, calcio e fosforo, risulta altresì digeribile e di basso contenuto calorico. Alcuni dicono non sia il massimo per il discorso colesterolo, ma noi di campagna sappiamo bene che ogni medaglia ha il suo rovescio. Si dice che i Greci la servissero dopo averla cotta a lungo sulla brace. In Italia oggi trova moltissime versioni regionali: in Emilia si unisce a ragù, brodo e uova sbattute, nelle Marche a pomodori e cotenna; in Liguria si serve insieme ai cardi, in Sicilia con le melanzane. Noi che siam di Parma, recita una vecchia filastrocca l’abbiamo fatta grossa, ma non credo che la filastrocca abbia a che fare con la nostra “buseca”, così si chiama la trippa a Parma. Dai “demos da fer” “diamoci da fare” come dicono a casa mia. Laviamo e rilaviamo spazzolando e raschiando in acqua tiepida e corrente, poi ripartiamo da capo. Una volta lavata veramente bene, immergiamo per circa quindici minuti in abbondante acqua bollente, leggermente salata con mezza cipolla dorata di Parma (l’altra mezza con qualche chiodo di garofano conficcato negli strati la lasciamo a parte), una costa di sedano, una carota, un bel rametto di rosmarino e due tre foglia di alloro. Mia nonna mi diceva sempre “miga eser ed manga curta” Non speculare troppo sulle quantità. Dopo la scottata si scola e si riduce a listelli sottili. Intanto in una casseruola rigorosamente di coccio si sarà fatta rosolare una cipolla borettana tagliata finemente, una carota e una costa di sedano tagliate a cubetti molto piccoli. A questo punto va aggiunta la trippa e la mezza cipolla "chiodata". S’aggiunga vino bianco secco quello che sa un po’ di pipi di gatto, ma si dai, il sauvignon, che ha aromi più confacenti della malvasia, amalgamare il tutto e continuare a fiammella fioca e tegame coperta per un’oretta almeno. In una pentola a parte che potrebbe essere anche quella in cui abbiamo scottato la trippa, avremo fatto un brodo di ossa di manzo e garretto che aggiungeremo a richiesta della nostra casseruola, in quanto, la cottura deve continuare in giusta quantità di brodo. Passata che sia un’oretta aggiungiamo la di passata di pomodoro sempre quella del nostro orto dove gelosamente si coltiva anche la varietà “riccio di Parma” Ho detto passata non concentrato, proviamo ad aggiustare di sale, lasciare a fuoco più che basso fino a sera, poi per tranquillità spegnere il fuoco. Al mattino di buon’ora portare a temperatura e continuare a fuoco molto molto basso, come si diceva una volta quel tanto che serve perché “pippi”. Ogni tanto un’occhiatina per vedere che non asciughi più del dovuto e se necessario un mescolino di brodo. A proposito la carne da brodo dopo la prima giornata, quindi tre quattro ore ha già dato. In sostanza avremo tenuto la nostra “buseca” a fuoco per circa 20 ore. Ma ancora non è Parmigiana è simile a quella che si fa in tante altre regioni. Vediamo ora di nobilitarla al rango di parmiginità. La serviremo in una fondina e la nevicheremo di Parmigiano 24/30 mesi in quantità simile alla neve che sta cadendo ora. Si serve calda, e mi raccomando “tolasùdolsa” mangia con calma.