Domenica 10 Dicembre 2017
Aggiustate le spalle, tagliate le teste di pancetta insaccato il trito che è servito per il nobile salame felino, mentre altre parti rimangono ad assorbir sale e a prosciugare noi in cucina ci dedichiamo al fegato, tralasciando altre parti del quinto quarto talmente povere da non menzionare nemmeno fra i “poveri mangiari”, almeno quelli di oggi.
L’ultima frattaglia di cui vi parliamo è il fegato, in latino “iecur”, “Iecur ficatum” era il fegato di quegli animali (oche e maiali in particolare) la cui alimentazione aveva portato ad avere un fegato grasso, definito ficatum proprio perché i fichi tendevano a rendere tale il fegato del povero animale. Ho fatto di proposito questa divagazione perché il fegato era già un piatto forte anche al tempo dei romani. Da noi in val Parma il suo utilizzo è reso particolare da due cose: l’essere avvolto “in t’la ratela” che in italiano diventa rezza o omento, che in sostanza è quella frattaglia grassa che avvolge l’intestino e che sembra una rete. Si utilizzata per avvolgere alimenti cosi che durante la cottura il grasso della rete si scioglie insaporendo l'alimento. Seconda particolarità, l’essere accompagnato dalle cipolle borrettane che danno al piatto quella nota dolce che deve avere una cipolla che incontra un sapore forte come quello del fegato. Bene, vediamo di accendere il fuoco e in una padella sciogliamo un po’ di burro per soffriggere la cipolla tagliata a fette, quando si sarà imbiondita sfumiamo con malvasia secca, e lasciamo stufare 5/10 minuti a fuoco dolce. Nel contempo avremo fatto a pezzetti il fegato di maiale immerso l’omento in acqua tiepida per 15 minuti per ammorbidirlo, una volta elastico ne avremmo fatto tanti pezzi quanti sono quelli di fegato. Avvolto che sia ogni pezzo condito di sale e pepe, lo verseremo in padella dove avremo aggiunto da cinque minuti due tre fogli di alloro. Cuocere per cinque sei minuti a fuoco più che vivo e sfumare con un goccetto di rum. La buona cottura la si nota dal colore scuro del fegato e dall’imbrunirsi dell’omento. Il piatto va mangiato caldissimo subito dopo averlo preparato, non va mai riscaldato.