Domenica 22 Novembre 2015
Un tempo ci si confrontava sul solido e si premiava il sudore dell’arare, erpicare e seminare.
E non c’era viandante che non rivolgesse un occhio al vedere campi di grano a diciotto carati che impettiti affrontavano la face.
Me ne faccio memoria in questo sorprendete novembre, mentre cedevoli germogli sono accarezzati dal sole, che oggi, 22, rende la collina imbiancata dai primi cristalli di neve.
E mi stupisco, per fortuna pochi, di ospiti distratti che non rivolgano l’occhio al mio sudore; cittadini che provengo spesso dal debordare a vanvera delle città metropolitane che tolgono spazio all’oro degl’avi.
La domanda è quasi sempre impulsiva, seppur retorica: possibile che questi ritengano spontaneo lo show del grano.
Tuttavia il calendario confermerà lo spettacolo, Madre natura riconoscerà la mia prestazione, ed a giugno sarà un rigoglio di spighe, anche se, agli occhi di troppi tutto ciò è ovvietà, perché è sempre stato così.
Eppure quando la brezza viaggia sul campo, che quasi sembra un dolce mare dorato, le spighe parleranno, a chi ha orecchie per intendere, ma per alcuni sono tarpate; perché rintronati, immemori e circuiti dal frenetico andazzo che si ostinano a chiamare progresso sociale.
Molti, per fortuna passeggiano di buon ora lungo i confini dei campi, voraci di emozioni, di suggestivi incontri, bramosi di ascoltare un nuovo dialogo della terra con il geografico linguaggio del cielo.
Mi sono permesso di scrivere ciò perché ci si confronti sul vero è si smetta di raccontar fandonie.
Mi sono permesso ciò per informare chi ha orecchie e naso. Un pretesto per dire: se non di diffidare, di controllare accuratamente chi si fregia in modo quasi furtivo di un blasone –Made in Italy- che di fatto non gli appartiene, raggirando spesso norme che poco si sono confrontate sul vero, di chi spesso non onora la sua terra, non partecipa al suo nutrimento ma ben sì al suo immiserimento.