La voce dei campi

Marted� 14 Luglio 2009

La voce dei campi

Enogastronomia all’apice del tracollo

Affare ricco mi ci ficco. E così feste, incontri, scuole di cucina, mercatini, bancarelle, statici musei del cibo, gusto, degustibus, sapori, odori, saperi, tutto ciò che inizia od incline all’eno… e gastro… fa tendenza, è di moda, porta consenso, grazie anche ai midia.
E’ anche il segmento turistico che nonostante la crisi in atto per ora continua ad essere in ascesa, le stesse amministrazioni incentivano la diffusione dell’agriturismo, del B&B, delle feste e dei mercatini. Dalle buone intenzioni iniziali di una rigorosa e naturale predisposizione, di una cosa ricercata, di una sana tradizione, oggi la concorrenza per l’allestimento, la messa in scena, fa si che la qualità stia diminuendo, stia perdendo i connotati originali, mangiare sul prato costa quanto al ristorante e non sempre la qualità e degna di tale aggettivo, nel mercatino spesso e volentieri trovi il furbetto, è solo un rivenditore che cerca di fare cassetto, l’agriturismo non è più tale.
Sta diventando un giochino pericoloso nel quale personalmente sto limitando gli investimenti, perché pur ritenendo di operare in modo serio ho la sensazione che sia il sistema che alla fine come una valanga potrebbe travolgere tutti quelli che si trovano sul suo percorso, la moda si sa, cambia, cambiano in modo rapido le innovazioni portate all’esasperazione, in modo molto più lento quando improntata al classico.
L’enogastronomia, il turismo country, la spesa in fattoria era ed è stato un classico, una nicchia che stiamo portando all’esasperazione, riservata ad un pubblico attento e preparato, oggi la stiamo proponendo a tutti, per reggere chiederà una profonda trasformazione, una continua innovazione come la spiaggia di Riccione, ma saremo in grado, avremo la forza e il supporto della riviera romagnola? Di contro si rischia di perdere per disaffezione per insoddisfazione, per cattiva immagine per perdita di naturalità e spontaneità anche quel segmento tradizionale consolidato.
Si evidenziano già segnali di non gradimento al cliente, l’inevitabile cambiamento che un luogo assume quando un determinato turismo o un determinato fatto diventa di massa, consuetudinario, porta ad un cambiamento anche ambientale, il territorio perde delle sue funzioni ed attrazioni originarie.
E’ logico, ha senso che un opificio un luogo di produzione, quale una cantina, un prosciuttificio, un azienda agricola sia trasformata in un ristorante, in un negozio dei prodotti più svariati, in discoteca, o ha forse più senso che ognuno rimanga nel proprio ambito integrando le funzioni dei vari soggetti, rendendo più economiche le varie attività che sul luogo insistono e che possono in rete arricchire il territorio?.
A questa amletica domanda noi rispondiamo rimanendo semplicemente quello che siamo, un azienda agricola, in cui l’ospite non ha sicuramente ha disposizione ne la piscina ne i campi da tennis o da golf, di cui la zona è ricca, non appartengono ne al nostro mondo, ne al nostro vivere quotidiano. L’unica cosa che possiamo proporre è di conoscere e partecipare al nostro stile di vita, conoscere le nostre coltivazioni, i nostri prodotti, la nostra cucina che rimangono e sono unici, perché la moglie del contadino di fianco ha un modo diverso di impastare la pasta, perché la passata di pomodoro non la fa più in casa, ma compra quella industriale. Piccole differenze per chi non ha l’animo predisposto e il palato fine, grandi differenze per chi ha l’occhio di cogliere l’attimo, che ci rendono unici, diversi, in questo contesto di globalizzazione.

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