Ottobre -fra aia e cucina cap 10-

Venerd� 28 Settembre 2007

Ottobre -fra aia e cucina cap 10-

Ottobre Tempo di semina, sull‚Äôaia faceva ritorno al burater, con il suo cavallo bianco e uno strano carretto sul quale trovava posto il buratto, una strana macchina che serviva per la pulizia delle sementi. Era un personaggio già in via di estinzione, già le cattedre ambulanti dell‚Äôagricoltura, consigliavano ai contadini di utilizzare le sementi selezionate dall‚Äôindustria che avrebbero dato migliori rese produttive e meno soggette a malattie fungine provenendo da terreni diversi. Legata la bestia all‚Äôanello murato nel pilastro del porticato e una bella forcata di erba, il personaggio metteva in bolla lo strano strumento sotto il porticato, vicino al mucchio dei sacchi di granaglia da selezionare. Slegato il primo sacco di ortica e infilata la mano fra le cariossidi ‚Äúo lè bel chest‚Äôan, mo al gha un po‚Äô ed pora resdora‚Äù Era il suo modo per ordinare da bere, era un modo tipico della nostra pedemontana, il chiedere in metafora. A gh?© un vernt ca‚Äô suga la gola, un'altra frase che mi ritorna alla mente, come quei profumi ottobrini che non ritorneranno più, ma che evocano spesso quegli arcani magici e misteriosi ricordi di vita vissuta sulla pedemontana, che ogni tanto riescono a toglierti dalla frenesia del quotidiano. Riappaiono come le stelle di quell‚Äôantico e meraviglioso cielo che ai nostri figli non è dato di conoscere, ma purtroppo come le stelle all‚Äôalba, quando il cielo verso la valle dell‚ÄôEnza incomincia ad azzurrarsi, scompaiono troppo in fretta. Ed allora ti accontenti solo di poter rimembrare, raramente, quando incontri amici nostalgici come te, o quando senti la necessità di chiuderti fra le vecchie mura domestiche alla ricerca delle tue radici, o quando anche il sonno non c‚Äôè, e ti svegli prima che suoni la sveglia, pigli un attimo di tempo per guardare verso la pianura padana immersa nella nebbia, nello smog, quando terse mattinate ti permettono di scorgere al di sopra di esso, là, infondo, le prime catene alpine e la prima neve. Solo in questi momenti puoi gioire, assaporare, annusare, gustare un passato fatto di miseria materiale, ma di una ricchezza impalpabile oggi distrutta, di quella ricchezza che vedevi sui volti sorridenti e pudici della tua maestra, nelle rughe che segnavano il volto dei braccianti e nei profumi che già dal mattino salivano dalla tromba delle scale dalla porta della cucina. Profumi anche questi perduti. Mi par di sentirli e di riviver la scena, di quel minestrone che mai mi è piaciuto, mi limitavo a mangiare le cotiche ben scolate, direi quasi lavate dall‚Äôaceto e un pizzico di sale per insaporire. La pentola grande era sulla stufa economica nuova, nell‚Äôacqua già erano messi una giusta quantità di fagioli freschi, nello scolino del secchiaio tagliate a fette corte e sottili c‚Äôera la verza le coste a tocchetti assieme a sedano, carota, qualche pezzo di patata una cipolla Dorata di Parma intera, qualche tomaca uno zucchino e l‚Äôimmancabile aglio. Ma per insaporire ancora di più, oltre ad aggiustare di sale e pepe si aggiungeva un battuto di grasso qualche fetta di cotenna di quella mezzena che si conservava sotto sale in una stanza fresca o in cantina dentro ‚Äúla gabieta‚Äù o ‚Äúmoscarola‚Äùche dir si voglia. Contenitore costruito in legno le cui pareti erano di rete metallica a maglia fine per evitare che vi si introducessero mosche. Quando il tutto è quasi pronto si aggiungono, ma spesso era se denso servito cos?¨, maltagliati o riso. Oggi, avendo la fortuna di un orto, imitatemi, mangiatelo, ma assaporiamo solo gli ortaggi, per i grassi il dottore sconsiglia.

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