Mercoled� 31 Gennaio 2018
Essendo il mio paese natio, Panocchia, quattro case che insistono lungo la pedemontana e sulla direttrice che parallela all’omonimo torrente, che già si distingue dagli altri portando nome femminile “la Parma”, che più a valle presta il suo nome alla città capoluogo, come non potevo parlare di tomacche. Un paese dicevo, che se passi senza salutarlo nulla ti dice, ma se ti soffermi e cerchi un dialogo ha mille cose da raccontarti. Intanto potrà dirti che se mangi la tagliatella al sugo rosso è proprio lui che dovresti incominciare a ringraziare.
Si perché la storia del pomodoro trasformato a livello industriale nasce proprio qui a 100 mt. da casa mia in un giorno di due secoli fa.
Il pomodoro venne introdotto nella prima metà dell'Ottocento come coltivazione ortiva legata ad un'industria di trasformazione artigianale gestita dagli stessi coltivatori, che con tecnologie elementari e limitatissimi investimenti di capitale, iniziarono a fabbricare i cosiddetti “pani di conserva nera” commercializzati a livello strettamente locale. Questa conserva di pomodoro fu soprattutto utilizzata nella minestra al posto del lardo, da quando il maiale nero parmigiano venne sostituito dal Large White inglese più adatto alle esigenze della trasformazione delle cosce in prosciutto di Parma. E nei primi anni del XX secolo che inizia una trasformazione protoindustruale grazie all’ingegno di alcuni proprietari terrieri. La diffusione del pomodoro a Pannocchia ebbe tale successo che il 25 giugno 1924 il Gureci scriveva sulla Gazzetta di Parma “… da quel centro di Panocchia, dove i contadini eran diventati maestri nel coltivare la pianta così redditizia che iniziavano le prime fabbriche moderne, oggi vi fumano i camini a poca distanza l’uno dall’altro, e son milioni di lire che vi si fabbricano”. Noi più che la storia del pomodoro che possiamo trovarla anche su: http://www.ciato.it/news_dettagli.php?idnews=74&lang=eng ci interessa come si usava e come si usa il pomodoro in cucina al di là dell’uso a tutti oramai noto, del cubettato, del pelato, della passata o del concentrato, piuttosto che in insalata. Per vedere e dar giusto elogio a questa bacca che tante soddisfazioni diede ai nostri genitori il 28 di settembre dell’anno 2002 dedicammo un evento ed un’intera serata proponendo scherzosamente “Risate al licopene: serata eno gastro comica” con Franca Tragni ed Auro Franzoni”. Il menù, tutto a base di pomodoro che qui riproponiamo: aperitivo al succo di pomodoro, crostini in salsa, zuppa di pomodoro, bauletti di pomodoro gratinati, pomodori fritti all’Artusi, pomodori in insalata al profumo di maggiorana, crostata di marmellata di pomodori verdi, crostata di marmellata di pomodori rossi.
Qui di seguito per chi volesse degustare un pomodoro “leggero” riproponiamo il pomodoro all’Artusi. Tagliate i pomodori a fettine non troppo sottili, lasciatele sgocciolare per circa 10 minuti, poi insaporitele con sale e pepe, infarinatele, passatele nelle uova sbattute e di nuovo nella farina. Friggetele nello strutto di quel porco che avete sacrificato.