Domenica 02 Settembre 2012
A chi abbia giovato, premesso che eticamente era molto discutibile, non è dato a sapersi, di contro oggi scopriamo di avere non sufficiente terreno per sfamarci. Questi i dati allarmanti resi noti dal ministro delle politiche agricole nel dossier “Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione” Dagli anni settanta abbiamo perso una superficie agricola pari a Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna. Ma soprattutto abbiamo perso i terreni migliori, quelli deputati a seminativi, da cui si ricavano i prodotti base dell’alimentazione. Un dato questo che riguarda un po’ tutto il pianeta; aumenta la popolazione diminuiscono i coltivi. Stessa situazione ci dicono riguardi la Cina che se mai la loro dieta dovesse eguagliare la nostra mancherebbe in percentuale un dieci per cento di coltivabile per avere l’autosufficienza. Secondo dati ISTAT 2012 cemento, asfalto, metallo e vetro occupano il sei punto sette del territorio nazionale, la terra più fertile, la pianura padana balza al sedici punto quattro. “La sottrazione di superfici alle coltivazioni abbatte la produzione agricola, ha un effetto nefasto sul paesaggio e, di conseguenza, sul turismo.
Tutto ciò - ha aggiunto il Ministro - avviene in un Paese come il nostro dove il livello di approvvigionamento è molto basso, dato che più del venti per cento dei consumi nazionali è coperto dalle importazioni.” Se sino ad oggi la meccanizzazione l’innovazione tecnologica l’uso massiccio dei fertilizzanti ha supplito in grandissima parte alla sottrazione di suolo alla produzione, oggi si è giunti al punto in cui l’applicazione di maggiori quantità di tecnologie attualmente disponibili non corrisponde ad un incremento del rendimento della terra.
Non siamo già più autosufficienti nei cereali, nello zucchero, oleaginose, leguminose, frutta, agrumi, olio, latte, formaggi, burro, miele e nemmeno nelle patate e nella carne, senza considerare che oltre a soddisfare i bisogni alimentari il terreno serve alla produzione delle fibre tessili e dei biocarburanti, un Paese che come tutti i Paesi di prima industrializzazione in diversa misura, consuma più di quanto il proprio suolo agricolo è in grado di produrre. Ciò risulta evidente dall’analisi del deficit di suolo agricolo un indicatore messo a punto dal Sustainable Europe Research Institute (SERI) di Vienna che rileva la differenza tra il terreno agricolo utilizzato su scala nazionale (la SAU) e quello necessario a produrre il cibo, i prodotti tessili e i biocarburanti (FFF- Food, Fiber, Fuel) che la popolazione consuma.
Un comportamento che osteggia anche lo svolgimento delle funzioni naturali ed ecologiche del suolo, quali l’assorbimento dell’acqua piovana, la produzione di biomassa e la sua capacità di immagazzinare CO2, quindi sul clima. Sarà mai accolto l’appello che da più parti echeggia o prevarranno ancora gli interessi di pochi ed assisteremo al pianto di oscillatori politicanti.