Luned� 01 Febbraio 2010
Panocchia lunedì 1 febbraio 2010
Era tempo che non mi gustavo un risveglio così dolce, bianco cangiante e silenzioso, come silenzioso era lo scricciolo, uccellino del freddo, che saltellava sulle bacche del cespuglio di rose selvatiche che vedo dalla finestra. Era tanto tempo che un freddo così intenso, ma salutare, privo di umidità non mi circondava. Subito il mio pensiero e corso alle escursioni fatte nel profondo nord della Svezia, dove lo stesso silenzio era interrotto dai rami che si spaccavano al gelo o da qualche raro rompighiaccio che avanzava lento sul fiume. Era tempo che una luce così bianca ed intensa non mi accecava, era tempo che ad una nevicata non seguiva una notte così limpida, dove ho potuto camminare sulla neve senza bagnarmi gli scarponi, sentirla scricchiolare gelata sotto i miei lenti passi, dove ho cercato senza riuscirci una tana di qualche animale selvatico, magari una lepre, come si faceva da ragazzini, forse sono meno le lepri, forse meno la mia vista o semplicemente sono giù d’allenamento. Non ho trovato niente di interessante nella mia passeggiata notturna, se non il silenzio e quel gelido vento che sull’orlo dei fossi faceva volare la neve, ho forse non sono riuscito a concentrarmi a sufficienza per ritrovarmi bambino, quando era seduta la mia vecchia famiglia intorno al fuoco e nelle serate di neve uscivi con un pentolino per raccogliere un po’ di bianca neve a cui aggiungevi un goccio di malvasia un cucchiaio di zucchero, la passavi leggermente sul fuoco senza scioglierla e con il cucchiaio gustavi questo arcaico dessert di “neve fritta”. Anche in queste serate dove sarebbe bello ascoltare il profondo silenzio, la tv ti perseguita e vedi nella città la disperazione, la gente che impreca, che non riesce e non sa assaporare questo meraviglioso fenomeno, che quando ero ragazzino era molto più frequente, negli ultimi anni la neve si è fatta vedere più raramente, quasi senta dell’ostilità con la quale è accolta. Eppure se vado a rovistare nei vecchi almanacchi, nelle vecchie agende del contadino, trovo tantissimi proverbi che inneggiano dell’amorevolezza dell’agricoltore alla neve. Già ma quanti sono gli agricoltori e quanti sanno dell’importanza dell’agricoltore e dei suoi campi, diventa difficile per chi ha dimenticato le proprie radici e per chi ha ferito le nostre campagne. Forse che abbia capito, anche la neve, che la sua presenza è importante e fondamentale per farci tornare a ragionare in un modo diverso più consapevole?, quest’anno sembra promettere bene e sembra ne voglia ricadere dell’altra, chissà.