Venerd� 22 Gennaio 2010
Noi agricoltori siamo costretti ad iniziare il nuovo anno 2010 con più rassegnazione, oramai le nostre energie di combattenti sono esaurite definitivamente, sopraffatte dall’evidenza, con mestizia ed amarezza siamo forzati a prendere atto di quel funerale che avevamo purtroppo previsto da tempo; la cerealicoltura, l’allevamento per chi ha il coraggio di proseguirlo rosicchia il patrimonio. Cosa produrre all’ora nel crollo totale dei redditi?. Il chilometro zero rimane un sedativo, non certo una soluzione ad un agricoltura moderna ed efficiente, introdotta e agonistica nei mercati nazionali ed internazionali. Sarebbe forse il caso che chi dice di avere a cuore il settore si adoperasse per sburocratizzare il Paese, un apparato che toglie al settore primario e non solo, per un auto mantenimento esagerato, come evidenzia la magistratura contabile; che rileva inefficienze e costi, la cui analisi dovrebbe fare entrare in funzione quelle riforme oramai improcrastinabili non solo per il settore primario, ma per l’intera imprenditoria. Chi può accogliere la voce di chi grida nel deserto? La stampa agricola ha seguito le sorti del settore, “Edagricole” fu assorbita a suo tempo dal “Sole24ore” perdendo quella verve intellettuale tipica e caratteristica del tempo, “L’informatore” sembra perda anche lui la propria indipendenza anche se era più avvezzo al tecnico che al sindacale, chi, se non uno sprovveduto od un pazzo, consapevole di tirare di spada al vento come il famoso personaggio della Mancia? Rimane solo la prospettiva di un silenzioso e forzato letargo in attesa che altri, consci dell’indotto che l’agricoltura nazionale muove, che è e rimane, per chi ha testa e occhi per vederlo, un settore strategico per ogni Paese.
Pur nella rassegnazione più nominata, la speranza, a discapito di quel nostro idioma che sentenzia per chi vive sperando fa una brutta fine, ci sentiamo di proporla, nell’immaginaria chimera che qualche politico avveduto la colga. La nostra proposta che riteniamo imprenditoriale è un aggettivo abusato e utilizzato spesso a sproposito e a volte con poca cognizione di causa buttato a casaccio: Qualità.
Nel mondo l’appetito sta crescendo quasi quanto la fame, e nessuno può fermare questa tendenza come nessuno potrà fare a meno di chi produce derrate alimentari, la storia insegna. Forse non è carino ricordare certi periodi, ma è più delittuoso trascurare le produzioni agricole interne e più responsabile è chi lo fa. Avremo la nostra perestrojka e ne usciremo, chi ridotto male e chi a capo del nuovo sistema, così anche per noi ci sarà chi soccombe, ma ci sarà chi soddisferà i palati più esigenti. Gli imprenditori capaci, chi avrà lo spazio, il sapere agronomico, imprenditoriale, la capacità di guardare con intelligenza oltre l’orizzonte avrà il suo naturale risveglio per ragioni oggettive quali quella di essere un agricoltore italiano, in un contesto unico ed irripetibile.
Questa è la qualità da riscoprire e da premiare, la qualità conoscitiva, la qualità dell’autogestione e non della delega, la qualità della salubrità e non della furbizia, la qualità della scelta; dell’attrezzatura, del mercato, del fornitore, riscoprire e credere nella nostra qualità, quella dei nostri padri e meno a quella adulata dei venditori di fumo e di chiacchiere che sanno solo nascondersi nei palazzi troppo cittadini per noi agricoltori.