Gennaio -il maiale-

Sabato 26 Dicembre 2009

Gennaio -il maiale-

Agriturismo Ciato, dai racconti di Schianchi Mario

Si sentivano i suoi ultimi lamenti quando ancora le stelle si riflettevano lucenti sulla neve ghiacciata e noi ragazzini eravamo ancora sotto le coperte.  Non so se i grandi lo facessero per risparmiarci di vedere un si crudele ma naturale evento o perché effettivamente le giornate della maialatura erano veramente intense. Quando la mamma con davanti il grosso grembiule di juta, già bagnato di acqua, ci veniva a togliere le coperte imbiancate di brina, la neve del cortile era già intrisa di sangue e la povera bestia adagiata su di una scala a pioli. Gli uomini con grossi coltellacci toglievano le setole del maiale e le donne portavano acqua  bollente da usare con grande oculatezza per non scottare le carni, ma agevolare la pelatura.
La stanza della fornacella (focolare in muratura su cui era incastrata una grossa caldaia di rame) era piena di vapore. Ad entrarci già ti bagnavi, vuoi per il vapore, vuoi per l'andirivieni ora di secchi di acqua calda ora di fredda che si attingeva dal pozzo con la catena. A volte capitava che la vecchia catena che scorreva su la "sidelà" (carrucola) si strappasse , o che il secchio male attaccato al gancio rimanesse infondo al pozzo. Era un frenetico andirivieni per cercare il "lovet" uno strano arnese a mille ganci mobili che serviva a recuperare lo "sdel" (secchio) Entrava in scena la forca alla quale da li a poco i più forti del gruppo avrebbero appeso a testa in giù quell'enorme bestione grigio. Già, perché grigio se i maiali oggi li vedo quasi tutti bianchi. Alcuni decenni fa prima che una drastica selezione fosse fatta per eliminare il grasso dalle carni, cosa assai pregiata invece a quei tempi, da noi si allevava il "grigio parmigiano". Falso, non era una razza tipica della nostra zona, ma proveniva dalla vicina Toscana magroncello (stato fisico del maiale) in primavera. Io penso che i parmigiani abbiano voluto riconoscergli la cittadinanza onoraria per il solo fatto che lui una volta grasso fosse disponibile a sacrificarsi per loro. Il maiale è sulla forca, il più abile dei norcini a già inciso il ventre, le viscere sono già cadute nel bigoncio, la mannaia è già all'opera per dividere in due la spina dorsale per farne due mezzene perfette. Le donne intanto rivoltano le budella per lavarle con abbondante acqua calda e un poco di aceto all'ultimo passaggio. Serviranno per gli insaccati. La vescica lavata e gonfiata a fiato sembra un palloncino di quelli che alle fiere raramente ci comprano, servirà per rivestire le spalle. La volta del vecchio forno a legna, che mio padre già aveva acceso e alimentato con di "bosot ed vidaro", per chi non fosse avvezzo al nostro idioma, fascine di scarti della potatura della vite che conferiscono un aroma migliore della comune legna, è bianca, segno che è pronta per introdurvi il pane che servirà al pasto ormai vicino.
Già, la ricetta! Ma quale?, a me non piaceva, alcuni ci andavano matti, fegato nella retella. Pulite per bene il fegato del maiale, tagliato a tocchetti eguali avvolgetelo nella retella, ponete il tutto sul fondo di un cesto di filo di ferro per scolare le insalate, ma oggi non usano forse più. Immergetelo per il giusto tempo 3-5 minuti nella caldaia dove stanno facendo i ciccioli. Lo facciamo raramente, ma oggi ci vado matto anch’io. Se non avete ammazzato il maiale in casa, prendete un fegato dal macellaio, un po’ di strutto e una padella rigorosamente di ferro e friggetelo in cucina; è un piatto che costa poco ma sa dare tanto.

 

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