Quando i poveri mangiari diventano un piatto da re.
Fatevi una passeggiata nel bosco e raccogliete un po’ di castagne meglio se sono marroni, al ritorno andate nell’orto e raccogliete un sedano rapa medio, e quello che vi aggrada per fare poco più di mezzo litro di brodo vegetale; assicuratevi di avere in cambusa gli ingredienti rimanenti per il brodo e una piccolissima patata, una cipollina, meglio se borettana, uno spicchio di aglio, olio sale e pepe e una fettina di pane casareccio.
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Poveri mangiari Quando i piatti poveri diventan nobili. Cotolette di rapa
Così che ieri facendo la vellutata di rapa viola di Milano, essendo le stesse quest’anno di buona pezzatura ed avendo preparato due sole porzioni utilizzando testa e coda, della rapa ci è rimasta la parte centrale, che per non dare dispiacere alla nonna che diceva di non buttare mai le cose da mangiare ne abbiamo fatto delle bianchissime ruote dello spessore di circa un centimetro abbondante.
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Poveri mangiari
E quasi un anno che questa malvagia pandemia ci ha cambiato le abitudini, ci ha costretto a vivere di più la casa e di conseguenza la cucina, ed un diversivo o più diversivi era di obbligo trovarli, e fra i tanti una rilettura l’abbiamo fatta anche alle ricette della nonna appuntate sul nero quaderno dai fogli ingiallati e dall’immancabile riga rossa che ti invitava ad andare a capo.
Dei minestroni, non vi è nulla di appuntato, eppure si facevano spesso, mi ricordo avendola per fortuna conosciuta che spesso diceva alla mia mamma, insegnante indiscussa su alcuni piatti, “ag’metema col’caghemà“ ci mettiamo quello che abbiamo.
Si faceva un giro nell’orto e quello che si trovava si portava in tavola, già lo scriverlo mi rallegra, dalla terra alla tavola, la mia terra è ricca e maestra nell’imbandire una cucina.
Così ho scoperto che quello che prima facevamo per l’agriturismo, oggi chiuso in quella cucina con ogni elettrodomestico di attuale generazione facendolo per me mi dà la possibilità di sbizzarrirmi in nuovi ed avventurosi abbinamenti, di sostituire spesso alcuni ingredienti con altri recentemente introdotti nell’orto, riscoprire l’utilizzo di legumi e ortaggi di ancestrale memoria, come di antica memoria e la stufa economica su cui oltre che brave “resdore” cuoche le nostre mamme e nonne dovevano essere provette fuochiste e conoscitrici della tipologia della legna.
Aimè, quanto sapere abbiamo abbandonato.
Vediamo quindi di scaldarci la budella maiuscola con quello che or ora ho raccolto dall’orto e trovato nei vecchi vasi di vetro della mia cambusa e aggiungiamo questa ricetta a poveri mangiari https://www.ciato.it/news_dettagli.php?idnews=484
E quasi un anno che questa malvagia pandemia ci ha cambiato le abitudini, ci ha costretto a vivere di più la casa e di conseguenza la cucina, ed un diversivo o più diversivi era di obbligo trovarli, e fra i tanti una rilettura l’abbiamo fatta anche alle ricette della nonna appuntate sul nero quaderno dai fogli ingiallati e dall’immancabile riga rossa che ti invitava ad andare a capo.
Dei minestroni, non vi è nulla di appuntato, eppure si facevano spesso, mi ricordo avendola per fortuna conosciuta che spesso diceva alla mia mamma, insegnante indiscussa su alcuni piatti, “ag’metema col’caghemà“ ci mettiamo quello che abbiamo.
Si faceva un giro nell’orto e quello che si trovava si portava in tavola, già lo scriverlo mi rallegra, dalla terra alla tavola, la mia terra è ricca e maestra nell’imbandire una cucina.
Così ho scoperto che quello che prima facevamo per l’agriturismo, oggi chiuso in quella cucina con ogni elettrodomestico di attuale generazione facendolo per me mi dà la possibilità di sbizzarrirmi in nuovi ed avventurosi abbinamenti, di sostituire spesso alcuni ingredienti con altri recentemente introdotti nell’orto, riscoprire l’utilizzo di legumi e ortaggi di ancestrale memoria, come di antica memoria e la stufa economica su cui oltre che brave “resdore” cuoche le nostre mamme e nonne dovevano essere provette fuochiste e conoscitrici della tipologia della legna.
Aimè, quanto sapere abbiamo abbandonato.
Vediamo quindi di scaldarci la budella maiuscola con quello che or ora ho raccolto dall’orto e trovato nei vecchi vasi di vetro della mia cambusa e aggiungiamo questa ricetta a poveri mangiari https://www.ciato.it/news_dettagli.php?idnews=484
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Poveri mangiari zuppa di scalogno.
Devo dire che questa pandemia mi ha avvicinato molto alla cucina, così che mi dedico spesso alla riscoperta dei poveri mangiari dei miei antenati e di conseguenza all’orto, per avere cose buone e sempre a portata di mano.
Cosi che oggi nei sgualciti ed oramai quasi illeggibili, perché scritti a matita, un tempo era più pratica e la Bic non era per tutte le tasche, quaderni dalla nera copertina ho trovato e provato una minestra a base di scalogno., le cui proprietà sono ben note sin dal tempo degli egizi.
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Come si cucina il gallo.
Cerco di distrarmi da tutte le amarezze del food di oggi, dalle circostanze sfavorevoli, per dirla alla Calindri dal logorio della vita moderna e vedo di vivere una due giorni all’insegna di quella vita agreste vissuta negli anni cinquanta.
All’incirca del giorno 20 del mese di maggio era consuetudine cambiare sangue alla dinastia del pollaio sicché veniva sacrificato il vecchio gallo di non facile utilizzo in cucina.
Fatto frollare il gallo per due tre giorni già fiammeggiato, tagliatelo a pezzi salvando il petto che cucinerete a tocchetti passati nella farina, nell’ovo sbattuto, nel pane grattugiato e porterete a cottura in abbondante olio di girasole.
Le parti rimanenti passatele in abbondante olio evo, prezzemolo, giusta quantità di spicchi di aglio, una spruzzata di pepe e lasciate nel recipiente per un'altra notte.
In capace casseruola buttate carote e cipolla a tocchi medio grossi, abbondante burro e olio e rosolate i vostri pezzi di pollo a dovere, alla fine aggiungete una nevicata di farina e tostate velocemente.
Nel frattempo in tegame a parte avrete portato a bollore una bottiglia di passito di malvasia, flambate spegnete i fuochi ed unite.
Prendete la casseruola e mettetela in forno a 130/140 gradi per il tempo necessario 2.30/3.00 ore.
Frullate il fondo, restringetelo a piacere e riversatelo in casseruola assieme a scalogni caramellati con burro e zucchero.
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Dicembre -fra aia e cucina- cap 12 dai racconti di Schianchi Mario
Con il dodicesimo capitolo, Mario Schianchi, titolare di Ciato chiude "fra aia e cucina" ripubblicazione dell'edizione 2007. Sicuramente alcuni riferimenti sono cambiati, ma il concetto di base purtroppo rimane corrente, come più che mai rimane attuale, ma in questo caso gradita l'occassione per porgere ai tanti i figli di Panocchia sparsi per il mondo, ed ai nostri amici lettori i migliori Auguri di Buone Feste ed un avvenire migliore e più consapevole.
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Novembre -fra aia e cucina, cap 11- racconti di Schianchi Mario
Novembre. Visto che la stagione lo consente divaghiamo un attimo conservando la veste di osservatori discreti per narrare ciò che avvenne e potrebbe avvenire in questo lembo di pedemontana, ultimo tocco delle colline, terra di conquista della pianura, secco confine secondo alcuni della parmigianità e del parmense. Con le ragioni di chi qui ci ha vissuto, di chi ci vive, di chi apprezza. Raccontiamo di quel buon cristiano di Panocchia, che dandogli la stagione un po’ di meritato riposo scendeva spesso al mercato di Parma dove la crème parmigiana si divertiva a spregiare, schernire. Accade così un dì, che il buon contadino, di buone spalle, stanco della solita solfa, ci andò pesante con i mezzi che la sua natura gli concedeva. Le parti lese oltre al danno chiesero al giudice che l’imputato fosse giudicato pericoloso per la pubblica incolumità e di conseguenza rinchiuso. L’avvocato difensore, professionista famoso della zona, famoso per le sue argomentazioni, ragionamenti, dimostrazioni, dissertazioni, famoso per la sua tranquillità, pacatezza e buon gustaio delle prelibatezze pedemontane incominciò il suo discorso “Signor Presidente, Signori della Corte, Signor Presidente Signori della Corte‚Signor…‚ Signor… ‚ Signor…” . e continuò cosi per qualche minuto ripetendo la sola introduzione.
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Ottobre -fra aia e cucina, cap. 10- storie e racconti di Schianchi Mario
Ottobre Tempo di semina, sull'aia faceva ritorno al burater, con il suo cavallo bianco e uno strano carretto sul quale trovava posto il buratto, una strana macchina che serviva per la pulizia delle sementi. Era un personaggio già in via di estinzione, già le cattedre ambulanti dell'agricoltura, consigliavano ai contadini di utilizzare le sementi selezionate dall'industria che avrebbero dato migliori rese produttive e meno soggette a malattie fungine provenendo da terreni diversi.
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Settembre -fra aia e cucina, cap. 9- storie e racconti di Schianchi Mario
Settembre E’ un ricordo abbastanza vago, sfumato, proprio della prima infanzia, era una pratica già in disuso. Mi riferisco all’utilizzo anche dell’ultima zolla di terra. Era il benessere che timidamente avanzava a cancellare questa pratica antica. Ricordo che all’inizio di ogni coltivazione venivano scavati i fossi di irrigazione (fos d’acquador) e sulla sponda del fosso al centro della sia, la dove la sponda se c’era un buon addetto all’irrigazione non sarebbe mai stata guastata, ci si mettevano i semi di fagioli e la saggina. Saggina, nutrimento, i chicchi, per il bestiame dell’azienda e le manse per la fabbricazione delle scope da casa, el mansareni, piccola scopa per la madia e il camino.
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Agosto -fra aia e cucina, cap.8- storie e racconti di Schianchi Mario
Agosto
Era l'arrivo della trebbiatrice, la fase più saliente, più eccitante, centrale, quella che mobilitava tutta la corte.
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Luglio -fra aia e cucina cap.7- storie e racconti di Schianchi Mario
Luglio Si partiva già all’alba con il falcetto appoggiato sulla spalla sinistra per far le strade nelle dorate piane di grano, dove sarebbe passata la macchina per il primo giro e per raccogliere quello dove la mietilega non sarebbe arrivata. Con la prima falciata divisa in parti eguali si facevano due mazzetti che abilmente incrociati all’altezza delle spighe formavano al ligarò, che serviva a legare al cog insieme di mazzetti tagliati successivamente. Finite le strade partiva la mietilega, ormai trainata non già dai buoi o cavalli ma dai primi trattori. Solitamente la macchina a mezzo giorno veniva fermata, la paglia, se il sole era cocente diventava troppo secca e l’aspa coinvogliatrice poteva distaccare la spiga dal gambo.
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Giugno -fra aia e cucina cap.6- storie e racconti di Schianchi Mario
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Maggio -fra aia e cucina-
Storie racconti dell'agriturismo Ciato di Schianchi Mario
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Aprile -fra aia e cucina-
Storie racconti dell'agriturismo Ciato di Schianchi Mario
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Marzo -fra aia e cucina-
Miti, racconti, di Ciato Azienda della pedemontana Parmense, testi di Schianchi Mario
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Febbraio -fra aia e cucina-
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Gennaio -il maiale-
Agriturismo Ciato, dai racconti di Schianchi Mario
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Ciato, fra aia e cucina
Ciato, fra aia e cucina Storie, racconti, miti ed enogastronimia di un azienda della pedemontana.
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