Lettera di Natale 2011

Sabato 10 Dicembre 2011

Lettera di Natale 2011

E’ consuetudine consolidata, copiai il mio segretario nazionale, Agostino Mantovani, quando ero giovane vicepresidente di sezione in Confagricoltura a Roma, scrivere ad ogni Natale un pensiero per gli amici, che fosse motivo di riflessione soprattutto per me stesso.

Questo Natale sarà sicuramente più mesto o perlomeno più povero per tanti di noi, la causa e il “Salva Stato” varato dal primo ministro Mario Monti, manovra sicuramente indispensabile e arrangiata in pochissimi giorni, manovra che da quanto si apprende dalla stampa, ancora una volta non prende, a ragion mia, in giusta considerazione due settori che per il nostro “giardino d’Europa” sono e dovrebbero essere tenuti in maggiore considerazione per le loro potenzialità inespresse. Non è per spirito di appartenenza, ma una discreta conoscenza della materia che mi permetto di dire che le ultime amministrazioni di qualsiasi connotazione, partendo da Roma per arrivare al più piccolo dei comuni italiani, pur esistendo delle eccezioni che confermano la regola, non hanno tenuto nella dovuta considerazione ma addirittura vilipeso, una risorsa unica quale il nostro paesaggio, la sua bellezza, la sua storia. Non a caso l’ho chiamata “Giardino” anziché Italia, perché tale era, ma ad oggi visti anche gli ultimi avvenimenti catastrofici che ormai si susseguono in ogni regione chiamarla tale diventa perlomeno audace. Se la natura è provvida è oltremodo vero che lasciata a se stessa a volte da madre si trasforma in matrigna, ha bisogno di cure ed attenzioni, che solo chi, a fondo, ha avuto modo di conoscerla può riservargli, e chi se non i nostri bravi contadini. Così che i muretti a secco della incantevole Liguria, lasciati a se stessi, come alcuni stupidamente sostengono fosse il bello di un allargarsi del bosco mediterraneo, colpevolmente li ha fatti crollare. Si continua a immiserire un patrimonio di memoria di cultura. Fondamento della nostra identità morale, civile e spirituale. I protagonisti di questi settori spesso sono assenti o a servizio, inconsapevoli che la valorizzazione del territorio con le sue ricchezze storiche ed il paesaggio sono una preziosa risorsa per una ripresa culturale economica e civile. Importiamo nell’agroalimentare circa il sessanta percento del nostro fabbisogno, perdiamo quote turistiche a favore della concorrenza. Varrebbe la pena ricordare come negli anni sessanta del secolo scorso era la nostra provincia, un giardino di biodiversità, dove si alternavano campi con pregevoli e svariate produzioni, spesso divise da innumerevoli siepi di diverse varietà arboree, oggi grazie ad azzardate politiche dilaga la monocultura industriale e i terreni più fertili sono già sommersi dal cemento e nastri di asfalto. Ancora oggi c’è chi ha il coraggio di osannare il nostro operare “moderno” ma in realtà è desueto, già dall’ottocento era nota la positività delle rotazioni. Non sappiamo ascoltare chi già da anni ci dice che l’identità territoriale, di cui tutti ci riempiamo a parole e per nulla nei fatti, è un valore inestimabile.

Recenti ricerche dimostrano che il valore di un prodotto è dato per il sessanta percento dal luogo di produzione. Un formaggio grana, un prosciutto, un buon vino oggi si può fare dappertutto; è il paesaggio associato all’etichetta a rendere il prodotto unico e quindi più remunerativo, a conferirgli un valore aggiunto che la concorrenza non può vantare. Identità competitiva, la chiamano i miei maestri di marketing: valorizzare il rapporto fra qualità del paesaggio, produzione e turismo. Sbaglia chi ritiene che la conservazione sia antagonista dello sviluppo, essa rappresenta la nuova frontiera dell’innovazione della nostra società contemporanea; e qualche raro esempio anche nel nostro paese non manca. Ma l’Italia investe poco sulla sua prima risorsa: il paesaggio. I beni culturali e il territorio sono spesso assenti nel dibattito della crescita economica, non si sa ancora tenere conto che sono un capitale su cui investire per assicurarci un progresso economico e sociale anche per le future generazioni.

E allora quale è il mio augurio di quest’anno: che Gesù bambino entrando nei nostri presepi o sotto l’albero di Natale, auspicando che almeno questa sana tradizione sia ancora in auge, ma soprattutto nei nostri cuori, porti le nostre menti ad un riesame sulla “Strada” che stiamo percorrendo.

 

Schianchi Mario

    Pres. Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma

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